Con un po’ di filosofia: usciamo dalla caverna? Sottoporci alle regole di natura ci aiuterà in quest’impresa
La Commissione Europea ha recentemente stabilito una strategia per portare a zero, entro il 2050, le emissioni di CO2 del vecchio continente (0).
Questa strategia prevede anche la sostituzione delle centrali a carbone in Italia con sistemi di produzione energetica rinnovabile.
I costi sono ovviamente altissimi, e la Commissione prevede infatti la necessità di investimenti di oltre 800 miliardi di euro nei prossimi trent’anni.
Un po’ di filosofia: usciamo dalla caverna.
Le soluzioni alternative al combustibile fossile quindi ci sono già?
Sembra di sì, tanto che si prevede di metterle in pratica nel più breve tempo possibile.
Ma alcuni sono ancora scettici o addirittura contrari, perché?
Energia rinnovabile non efficiente?
Una possibile causa potrebbe rinvenirsi nella notoria lamentela che le fonti di energia rinnovabile siano inefficienti. Ma questa non è che una scusa.
Come ogni cosa, infatti, nello sviluppo tecnologico e sociale della specie umana, c’è la necessità di tempo affinché questa possa essere approfondita e messa a punto, ed a maggior ragione laddove si voglia ottenere la maggiore efficienza possibile. Alcuni strumenti si sono mostrati più immediatamente efficienti di altri, ma il prezzo di questi strumenti è generalmente sempre più alto di quelli più faticosi da rendere efficienti, si pensi al petrolio, appunto, o all’energia nucleare (che comunque hanno ottenuto incredibili miglioramenti nell’efficienza e nella produzione, con lo studio adeguato).
Sempre più ricerche sono poste a favorire fonti rinnovabili, poiché vi sono già delle ulteriori ottime prospettive future (1) (2), ciò che manca è solo il coraggio di metterle in pratica.
Ciò senza contare che la Commissione sembra più che sicura che si diverrà in grado di provvedere al fabbisogno energetico dell’intero continente, mediante risorse a zero impatto di CO2.
Perché allora troviamo così difficile accettare questo cambiamento? Se è possibile vivere non distruggendo l’ambiente?
Quando ci sono già delle valide alternative? Proviamo allora ad osservare il problema sotto un aspetto culturale.
Il problema culturale: usciamo dalla caverna di Platone
Nel 1981 Hilary Putnam scrive che la realtà non è altro che un’illusione, che noi non siamo che “cervelli in una vasca” (3), i quali vivono fondamentalmente in un mondo di sogni, possibilmente generato da un “supercomputer” . Strano, folle, ma l’idea attecchisce, nelle menti moderne, e se ne fa un mito, giacché si trasporta sul grande schermo con la trilogia blockbuster di “Matrix”.
Ma in realtà già nel 400 a.C. Platone ne scriveva col suo mito della caverna: egli qui parlava dell’uomo che, imprigionato nel suo status quo e nella sua illusione sociale rimaneva protetto dall’esterno, dal mondo reale, della natura delle cose, ma se ne libera e vede finalmente la luce. Platone però è negativo sulla possibilità che chi si è liberato da quelle catene possa liberare anche tutti gli altri, ma il mondo digitale, il mondo attuale, sta dimostrando il contrario.
Il “superuomo” moderno sta uscendo dalla caverna di Platone
Il mondo digitale personalmente lo vedo come il terreno fertile che ha permesso in pieno il pieno avvento del progetto dell’oltre uomo che Nietzsche aveva per tutti gli esseri umani.
E Nietzsche recupera in pieno la tradizione occidentale.
Discute proprio e solo di essa. Zarathustra (personaggio di un famoso testo di Nietzsche), salì sul monte trovando la luce della conoscenza, ma come vi salì poi infine vi scese anche, ed in tal modo riuscì a fare ciò che a Platone non era riuscito, ossia convincere i suoi compagni ad abbandonare la caverna (4).
Egli li convinse ad uscire e ad assaporare di nuovo il gusto della realtà fuori dalla caverna delle illusioni: ossia il gusto del mondo della natura.
Perché Zarathustra è l’archetipo dell’uomo odierno, l’uomo che ha voluto divenire “oltre uomo”, übermensch, ma che sino ad ora non si sapeva ancora realizzare appieno. Sapeva salire sul monte di Zarathustra, ma non sapeva scendervi, accompagnando i propri compagni fuori dalla caverna delle proprie illusioni, e conducendoli fuori, nella luce della realtà naturalistica. E questo ritengo sia il cambiamento più grande, il più incredibile e degno di nota.
La condivisione del legame con la natura, la riscoperta che la natura che è limite finale, il punto invalicabile, e soprattutto indipendente dalla nostra volontà. Non sono gli uomini né le donne a decidere tutto. E se vogliamo sopravvivere è la natura, nostra e che ci circonda, che dobbiamo ritornare ad ascoltare.
Cosa è realmente l’oltre uomo moderno
E chiudo per oggi ricordando questo dettaglio: l’oltre uomo di Nietzsche non era übermensch perché sottometteva la natura (e quindi la realtà) alla propria volontà, egli era “Oltre”-uomo proprio perché si faceva carico, come proprio personalissimo fardello, dell’intero progetto della storia umana. Un po’ di filosofia: usciamo dalla caverna.
Ossia di quel progetto che vede l’Uomo radicalmente legato nella sua natura, ossia di quell’Uomo che, agendo volontariamente e temporalmente in linea retta (5), si trova sempre e fondamentalmente inserito nell’eterno ritorno del circolo naturale della vita (6). Ciclo naturale che funziona in maniera circolare e continua, con cambiamenti molto lenti, contrapposti al retto e continuo cambiamento della volontà umana, ma che proprio con essa deve sapersi fondere e costruire così la propria esistenza completa, bilanciandosi a vicenda.
Imparando, quindi, dal canto nostro, a vivere in comunione con la natura. Positivamente, e senza distruggerla. Lo übermensch di Nietzsche non è allora altro che l’uomo che decide di rivedere le necessità dell’intera storia della specie su di sé. Egli non è l’uomo che sottomette la natura a sé, ma è colui che si fa carico dei problemi e delle necessità dell’interezza della propria natura, in quanto uomo risultato di millenni di evoluzione, guerre, amori, grandi dolori e grandi scoperte. Quindi, anche il più profondo concetto occidentale,
l’idea di volontà sopra ogni cosa, in realtà non è che quella volontà di farsi carico e di far valere proprio quell’eterno ritorno alle cose che non solo è il progetto umano come volontà, ma è il progetto umano come creatura naturale, parte del suo ciclo, e soggetto alle sue regole.
Conclusioni ed alternative
In conclusione, insomma, ciò che ne deriva è che se abbiamo agito danneggiando la natura è perché avevamo capito male, quello che era il “progetto occidentale”, e lo abbiamo quindi messo in pratica male, separandoci sempre più dalla natura e danneggiandola, anziché legarci ad essa ed imparare da essa.
Ed ugualmente per chi ancora oggi non sa essere sostenibile: egli semplicemente non ha ancora capito la vera ricerca di fondo del progetto occidentale, ed è ancora perduto nel pensiero e nei sogni, discussi qui sopra, del Novecento. Un po’ di filosofia: usciamo dalla caverna
Quello che ora possiamo fare è allora recuperare il vero concetto di progetto occidentale, come tandem necessario tra natura e volontà, e comprendere come ciò stia comportando l’assoluto cambiamento che stiamo vivendo. Perché il nostro era stato un errore di comprensione madornale.
E va anche compreso come si stia cambiando proprio a causa di forze oramai indipendenti dalla nostra volontà, pur forte che essa possa mostrarsi. E l’unica alternativa è allora davvero farsi carico del progetto attuale, di questo mondo, e delle speranze e delle sofferenze delle più giovani generazioni, che altrimenti vedrebbero prospettarsi dinanzi a sé un mondo la cui permanenza diverrebbe davvero fin troppo incerta. Un po’ di filosofia: usciamo dalla caverna
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Dott. Lorenzo Bontorin
Fonti:
(2) https://www.greenme.it/informarsi/energie-rinnovabili/eolico-turbina-risonanza-vortici/
(3) D’Agostini, Franca, “Realismo? Una questione controversa”, Bollati Boringhieri, Milano: 233-237.
(4) Heidegger, Martin, “Nietzsche”, Verlag Günther Neske, Pfullingen, 1961 (= tr. It. Nietzsche, a c. di Franco Volpi, Adelphi, Milano): 229-236.
(5) Arendt, Hannah, The Human Condition, The University of Chicago, USA, 1958 (= tr. It. Vita activa. La condizione umana a c. di Sergio Finzi, Bompiani, Torino, 2000): 98.
(6) Heidegger, Martin, “Nietzsche”, Verlag Günther Neske, Pfullingen, 1961 (= tr. It. Nietzsche, a c. di Franco Volpi, Adelphi, Milano): 237-238. Lo übermensch di Nietzsche è l’uomo-eroe che si fa carico delle “sofferenze” delle “speranze” dei soggetti. Sulla relazione tra uomo occidentale e natura invece, si cerchi la voce “diritto naturale”. Su quest’ultima, ne ho iniziato a discutere nel precedente articolo di questa rubrica “Un po’ di filosofia”. Lo si trova su “more posts by [me]”. Sempre su questo tema specifico è inoltre in programma una serie di articoli che uscirà a breve.