L’illusione dell’economia circolare: una critica alle sue premesse ed ai suoi sostenitori

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Il concetto di economia circolare ad oggi viene ancora presentato in modo confusionario anche dalle istituzioni. Ma questo succede per ignoranza sul tema o poco interesse?

L’economia circolare moderna prevede l’ottimizzazione di tutta la filiera produttiva. In particolare, una corretta lettura, prevede di valutare gli impatti di ogni singolo processo della filiera con l’obiettivo finale di diminuire l’impronta ecologica complessiva. Ciò non comporta solo alla diminuzione della produzione dei rifiuti e/o altri singoli elementi,  ma ad un ripensamento di tutte le fasi di vita di un prodotto. Vediamo ora nel dettaglio ciò che gli esperti utilizzano quale metrica di valutazione:

Economia circolare ed il passaggio dalle 3R alle 9R

Nell’articolo “Economia circolare: definizione, importanza e vantaggi”, inserito all’interno del sito del Parlamento Europeo, troviamo però ancora una definizione obsoleta e poco efficace del termine.

L’economia circolare viene ancora definita come si usava fare negli anni Ottanta collegandola alle “3R” (Riduzione, Riuso e Riciclo), modello in cui il riciclo è ancora molto centrale. Questo concetto è stato surclassato e reso obsoleto con l’introduzione delle “9R”: Refuse (evitare), Rethink (ripensare), Reduce (ridurre), Re-use (riuso), Repair (riparare), Refurbish (restaurare), Remanu-facture (rigenerare), Repurpose (riproporre), Recycle (riciclare), Recover (recuperare). Una visione a tutto tondo dei processi di realizzazione dei prodotti e servizi.

Ci troviamo dunque di fronte ad un diverso concetto di economia circolare rispetto al passato, dove il pensiero collettivo vedeva il ritorno all’origine alle materie prime come ambientalmente sostenibile. Ma, autorevoli studiosi che monitorano le cause dei cambiamenti climatici, vedono il riciclo come una pratica da evitare in quanto agisce esattamente al contrario: aumento del consumo delle risorse e a caduta delle emissioni. Non a caso la differenza fra economia circolare e lineare si azzera.

Una domanda sorge spontanea: se nulla cambia  nulla serve fare!

Negli studi più recenti si è infatti dimostrato che riciclare è un’operazione impattante e sia quindi necessario spingere tutti a riutilizzare e recuperare al massimo gli oggetti prodotti. In particolare, se si vuole riciclare la plastica deve essere poi riutilizzata per beni durevoli e non per beni usa e getta, così da allungare il ciclo di vita del prodotto.

Ad esempio l’uso di plastica dovrebbe essere ridotto del 20% ogni anno, riducendo soprattutto quelle monouso e puntando verso materiali compostabili o riutilizzabili (Direttiva europea S.U.P.).

L’obiettivo deve essere quello di creare oggetti che durano nel tempo e possano prevedere un loro riutilizzo così da ridurre il loro impatto.

Nonostante il voto in plenaria all’Europarlamento sulla proposta di regolamento sugli imballaggi e rifiuti da imballaggio (PPWR), il governo italiano si è posto contro il Regolamento imballaggi UE, per azzerare gli obiettivi di riutilizzo e di riciclo di qualità contenuti al suo interno.

Il nostro Stato, quindi, starebbe sostenendo di più gli interessi delle aziende rispetto al benessere dei cittadini (ottenuto grazie ad una vera applicazione dell’economia circolare)

Facendo riferimento al trasformare i rifiuti in una nuova risorsa, è possibile anche generare energia dai rifiuti organici. Quest’operazione però è poco considerata in Italia nonostante le sue grandi potenzialità.

Ma quali sarebbero i doveri dell’Italia verso l’adozione di una vera economia circolare? 

Adottare il regolamento Europeo e garantire ai propri cittadini il diritto alla salute e alla protezione dell’ambiente come previsto in Costituzione, articolo 9 e 41. Si aspettano dunque molti più passi avanti da parte dello Stato italiano e anche dell’Unione Europea.

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