Il Consiglio dei Ministri ha decretato lo stato di emergenza idrica in sei regioni e nel Distretto appenninico; altre quattro regioni stanno valutando la possibilità di richiederlo. Secondo gli amministratori di queste regioni i principali colpevoli di questa siccità e stato di emergenza sono la scarsità delle precipitazioni invernali e primaverili, l’aumento delle temperature medie e, più in generale, i cambiamenti climatici. Effettivamente le piogge sono diminuite circa del 20% rispetto alle medie dal 1991 al 2020, lo stato di salute di fiumi e laghi è decisamente preoccupante, con portate ai minimi storici e con conseguente calo della quantità d’acqua immagazzinata nel suolo, tanto da dover imporre severe restrizioni d’uso in tanti territori non solo italiani. La scarsità di precipitazioni è un fenomeno che ha coinvolto tutta l’Europa, gravando pesantemente su tutte le produzioni agroalimentare nonché sulla produzione di energia idroelettrica.
L’“emergenza” siccità non è più una mera emergenza, oramai è un problema endemico
È sicuramente una situazione grave ma, riflettendoci bene, non è corretto definire questo problema un’“emergenza” dal momento che non si tratta di un fenomeno imprevisto e accidentale, e che necessita di interventi immediati per sopperire un pericolo per la popolazione. La siccità è il frutto di problemi atavici del settore; le perdite di rete, la vetustà e la scarsa manutenzione delle infrastrutture e, soprattutto, l’eccessiva frammentazione gestionale.
Lo stato di emergenza non ha un preciso significato giuridico nell’ordinamento italiano e, più o meno, si tratta di fornire uno scudo protettivo che consente agli amministratori di effettuare interventi (e relative spese) senza dover mettere in atto tutte le procedure previste dalla trasparenza amministrativa. In pratica la dichiarazione dello stato di emergenza consente di affidare lavori e appalti senza procedure di gara, oppure scegliere se finanziare un’opera più demagogica anziché un’altra più efficace sul piano tecnico, per motivazioni prevalentemente politiche e nepotistiche.
Gli interventi necessari per adeguarsi alla nuova realtà sono ben altro che interventi emergenziali: è necessario aumentare la capacità di stoccaggio di acqua, ammodernare gli invasi esistenti e realizzarne dei nuovi, rinnovare e rendere più efficiente la rete idrica, riducendo le perdite e garantendo un monitoraggio puntuale degli usi, promuovere un uso razionale dell’acqua nei settori agricoli e industriali, implementare tutte le attività per consentire il riuso delle acque reflue e sensibilizzare i cittadini a un uso responsabile della risorsa, informando correttamente.
Autrice: dott.ssa Rossella Colagrossi, ex dirigente del Ministero della Salute, responsabile della corretta applicazione della normativa inerente le acque destinate al consumo umano