L’industria alimentare ha un’unica logica: il cibo deve costare poco, il meno possibile.
È naturale che l’industria alimentare prediliga il prodotto che costa meno, ma ciò dovrebbe essere a parità di qualità.
Tuttavia per il cibo non è più così: ciò che conta è solo il prezzo, il prodotto deve essere disponibile ovunque a costi irrisori.
Questo è il risultato prodotto dall’industria alimentare: trasformare il cibo in un bene di consumo tout court, spogliato quindi di tutti i suoi valori culturali e di tradizione.
Il sistema che gli è stato costruito intorno, o in cui esso è stato inserito, ha sostituito il valore qualitativo con il prezzo.Paradossalmente ciò che appare è che non si produca più cibo per mangiarlo, bensì per venderlo.
Il prezzo diventa la principale, se non l’unica, discriminante per la scelta.
Nel sistema globale dell’industria alimentare gli alimenti sono diventati così una merce come tutte le altre.
Sottoporre anche il cibo alle medesime leggi non crea solo un’omologazione dei prodotti che riduce la biodiversità e favorisce le monoculture dannose per l’ambiente,
ma è anche causa di grandi iniquità.
L’industria alimentare, la trasformazione del cibo, la distribuzione attraverso i cinque continenti di derrate coltivabili in loco, l’egemonia del prezzo
e le leggi del libero mercato hanno reso quello del cibo uno dei comparti più insostenibili tra tutte le attività umane.
Negli ultimi cento anni c’è stata una gravissima riduzione della biodiversità:
l’esigenza dell’industria alimentare, di avere estese monocolture per ottenere grandi quantità di cibo a basso costo,
ha orientato la scelta su poche varietà adatte a questo modello produttivo, a discapito di molte altre.
Ovunque abbia trionfato l’industrializzazione del cibo c’è stato il trionfo dell’appiattimento e dell’omologazione, un grave pericolo per uno dei fondamenti della vita sulla terra:
la diversità biologica e la capacità di adattamento delle specie.
Sono danni di proporzioni bibliche: in un solo secolo l’industria alimentare ha permesso che in molte parti del mondo sparisse
ciò che si era plasmato e sviluppato lungo il corso dei millenni. Come se non bastasse, negli ultimi anni l’utilizzo di fertilizzanti chimici e pesticidi è aumentato esponenzialmente:
in dieci anni ne è stata immessa nel terreno e nel ciclo naturale la stessa quantità che ne era stata usata nell’intero secolo precedente.
Scatta l’allarme
I danni all’ambiente provocati dall’industria alimentare sono tanti e tali che ormai l’allarme è diventato una costante.
Le notizie su quanto sta accadendo sono uscite dai circuiti “alternativi” legati al mondo del biologico o dell’ambientalismo e sono diventate di dominio pubblico.
L’evidenza non si può più negare: l’agricoltura, che dovrebbe fondarsi su un’alleanza tra uomo e natura, è diventata invece una guerra alla Terra.
Fino a oggi le devastazioni ambientali non sono mai state calcolate nelle economie del cibo, malgrado siano un costo sempre più gravoso che ovviamente si accollano le popolazioni.
Crediamo di pagare poco il cibo, ma paghiamo un prezzo caro e occulto in termini ecologici.
Il prezzo basso del cibo, quindi, non soltanto impoverisce il suo valore, ma nasconde dentro di sé tutto ciò che stiamo facendo alla Terra.
Prima o poi qualcuno dovrà pagare e alla fine saranno proprio quei consumatori convinti oggi di fare un affare spendendo poco per mangiare.
Dott. Francesco Cappelletto