CO2 e cibo: perché dobbiamo discuterne (COP26)

40 anni di ritardo contro i cambiamenti climatici

Ambiente e cambiamenti climatici sono ormai termini che sentiamo nominare quotidianamente. Telegiornali, conferenze, pubblicità, ogni giorno ci ricordano quanto grave siano queste problematiche e quanto altrettanto allarmanti sarebbero le conseguenze se non agissimo in maniera “sostenibile”. Se facessimo un passo indietro nella storia ci accorgeremo che di queste tematiche se ne parlava già da decine di anni, ma nonostante il monito della scienza sull’urgenza di agire per il bene del nostro pianeta, abbiamo preferito far finta di niente; siamo infatti 40 anni di ritardo contro i cambiamenti climatici.

Il termine “sostenibilità”

Il termine “sostenibilità” viene coniato nel 1987 a partire dall’onda della progressiva presa di coscienza sulle problematiche ambientali e il futuro del pianeta nato negli anni ’70. La conferenza ONU del 1972 a Stoccolma infatti è la data della prima “tappa” dello sviluppo sostenibile che ci ha condotti fino ad oggi, alla Confederazione delle Parti 2021 a Glasgow. In mezzo sono state molte le altre occasioni di dibattito sul tema ambientale, tra le più importanti non possiamo non citare la COP 3 del famoso Protocollo di Kyoto (1997), la Conferenza di Rio (2012) e il Summit per l’Agenda 2030 nel 2015, per fare qualche esempio.

Ma in quante di queste occasioni si è discusso approfonditamente di quanto il cibo sia cruciale per la lotta ai cambiamenti climatici? Nessuna, purtroppo.

L’importanza del settore alimentare

Associazione PIÙINFORMA sostiene l’importanza di informare le persone e far pressione sulle istituzioni, riguardo l’importanza di raggiungere la neutralità climatica entro il 2050 agendo su uno dei settori più importante da considerare per contrastare il cambiamento climatico: il settore alimentare. A sostegno di ciò i dati parlano chiaro: la produzione e la distribuzione di cibo nel mondo è responsabile del 26% delle emissioni di CO2eq, una quantità pari a circa 13 miliardi di tonnellate all’anno. Si tratta del secondo settore più inquinante al mondo, superato solo dal settore energetico!

Nonostante l’elevata importanza e la pressione di oltre 100 ONG durante la recente COP 26, ancora una volta il settore alimentare non è oggetto di dibattito sul tavolo di lavoro delle più importanti riunioni sul clima.

Agire sul settore alimentare è l’opportunità, ormai divenuta necessità, per ridurre le emissioni di gas serra e combattere il cambiamento climatico. Cambiare il sistema produttivo alimentare sarebbe infatti in grado di ridurre un’importante quantità di emissioni di CO2eq. Con una valenza multipla che non si limita solo alla riduzione dell’inquinamento dell’atmosfera ma anche al risparmio di risorse essenziali come il suolo e l’acqua. Non si tratta quindi di semplice cambiamento, ma di vera e propria evoluzione!

Formazione e informazione

Oggi i promotori di questa evoluzione possiamo essere noi consumatori, armati di due strumenti essenziali: l’informazione e la capacità di scelta. Essere informati è il prerequisito per fare scelte di consumo consapevoli e responsabili. Che valorizzino e incentivino la produzione e la consumazione di prodotti con una ridotta impronta ambientale.

È chiaro che una scelta di questo tipo richieda però anche dei sacrifici, ovvero rinunciare alla comodità per la quale siamo abituati da tempo, per lasciare spazio alla qualità. Un sacrificio però solo apparente perché i benefici che ne deriverebbero sarebbero di gran lunga superiori agli svantaggi. Preferire alimenti locali a quelli venduti nei supermercati, ridurre il consumo di carne e latticini, scegliere prodotti certificati come poco impattanti per l’ambiente sono solo alcuni degli esempi di gesti con cui noi consumatori possiamo agire in modo concreto per l’ambiente, senza aspettare che siano le istituzioni ad adoperarsi.

Il passo successivo invece deve coinvolgere proprio le istituzioni. La realizzazione dei Criteri Minimi Ambientali è sicuramente un passo importante, per i quali oltretutto la nostra Associazione sta collaborando. Così come la proposta condivisa dal Presidente del Consiglio Mario Draghi riguardo la carbon tax, che andrebbe a tassare le aziende che inquinano di più.

Ma tutto ciò però non basta, è necessario discutere su CO2 e il ruolo dell’alimentazione. Bisogna agire per trasformare il sistema della filiera alimentare, incentivare trasporti e imballi sostenibili, supportare campagne di informazione e formazione sul cibo, e molto altro.

Abbiamo aspettato fin troppo, siamo 40 anni in ritardo nella corsa contro i cambiamenti climatici. Quarant’anni di sonno profondo da parte delle istituzioni che hanno preferito dormire sul nostro futuro. Condannando le generazioni di oggi e di domani a far fronte ad un problema dalla portata mondiale.

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